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Dr. Giulio Fioroni

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Dopo Mounjaro e Wegovy. Retatrutide triplice agonista

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Retatrutide triplice agonista

il futuro dopo 

Wegovy e Mounjaro.

 

 

Dopo l’ascesa di semaglutide, si sta affacciando sulla un nuovo principio attivo. Si tratta di Retatrutide (Eli Lilly), caratterizzato da un meccanismo d’azione più articolato rispetto a Mounjaro e Wegovy.

Sperimentato in uno studio di fase 2 che ha coinvolto 338 adulti, il farmaco è stato in grado di determinare un calo ponderale che al dosaggio più elevato (12 milligrammi) ha superato il 24 % rispetto al peso di partenza.

Un risultato mai raggiunto prima, quello presentato al congresso dell’American Diabetes Association  a San Diego e pubblicato sul New England Journal of Medicine. E che avvicina ulteriormente la possibilità di ottenere con la terapia medica traguardi finora alla portata soltanto con il ricorso alla chirurgia bariatrica.

Retatrutide: rilevata la perdita di peso dopo 24 e 48 settimane di trattamento

I ricercatori dell’unità operativa di endocrinologia ed endocrinologia pediatrica dell’università di Yale (New Haven) e dell’Istituto di ricerca sulle malattie del metabolismo e l’obesità dell’Harvard Medical School (Boston) hanno valutato sia la sicurezza che l’efficacia del farmaco in uno studio randomizzato condotto in doppio cieco e contro placebo.

Il gruppo di persone coinvolte aveva un indice di massa corporea superiore a 30 (quindi a partire dall’obesità di primo grado) o compreso tra 27 e 30 (purché in presenza di una comorbidità). I partecipanti sono stati suddivisi in diversi gruppi con l’obiettivo di valutare le variazioni nelle risposte a diversi dosaggi del farmaco (da 1 a 12 milligrammi), somministrato una volta alla settimana attraverso un’iniezione sottocutanea.

Due gli obiettivi: misurare la riduzione percentuale del peso corporeo dopo 24 e 48 settimane di trattamento.

Calo ponderale fino al 24 per cento (con 12 milligrammi di Retatrutide alla settimana)

Al primo step di valutazione, il calo ponderale è risultato compreso tra il 7,2 per cento (con 1 milligrammo di Retatrutide alla settimana) e il 17,5 per cento (12 milligrammi): rispetto all’1,6 per cento determinato da chi assumeva il placebo. Risultati in ogni caso superiori alla soglia (5 per cento) indicata per definire efficace o meno un farmaco per il trattamento dell’obesità.

L’effetto è poi cresciuto nel tempo, se dopo un anno di terapia le persone sono arrivate a perdere dall’8,7 per cento (dato medio relativo al gruppo trattato con 1 milligrammo di farmaco) al 24,2 per cento (12 milligrammi) del peso di partenza. Un dato, quest’ultimo, quasi 12 volte superiore a quello determinato dal placebo (-2,1 per cento).

Nella valutazione compiuta a 48 settimane si è misurato anche quanti adulti avessero perso almeno il 5, il 10 e il 15 per cento del proprio peso. Risultati che con il dosaggio più alto del farmaco sono stati ottenuti rispettivamente nel 100, nel 93 e nell’83 per cento delle persone trattate. E ben distanti da quelli registrati nel campione trattato con il placebo (tra il 2 e il 27 per cento dei casi).

Quanto agli effetti collaterali, dipendenti dalla dose di farmaco somministrata, se ne sono registrati soprattutto a carico dell’apparato gastrointestinale (nausea, diarrea, vomito e costipazione). Ma comunque mitigati da una dose iniziale più bassa di trattamento (2-4 milligrammi).

Con Retatrutide si apre l’era dei tri-agonisti ormonali?

Retatrutide appartiene alla classe delle incretine, principi attivi progettati per imitare l’azione dell’ormone GLP-1 (rallenta lo svuotamento gastrico, aumenta il senso di sazietà e riduce l’appetito).

Ma rispetto agli analoghi del GLP-1 già disponibili (come semaglutide), il farmaco di Eli Lilly interagisce pure con i recettori del glucagone e del polipeptide insulinotropico glucosio-dipendente (GIP).

Di fatto è il primo tri-agonista ormonale a svelare la sua efficacia e a candidarsi per un prossimo approdo sul mercato. “Negli adulti obesi, il trattamento con retatrutide per 48 settimane determina una riduzione sostanziale del peso corporeo”, è quanto riportato dai ricercatori nelle conclusioni dello studio.

Negli Stati Uniti dove il problema del sovrappeso e dell’obesità è considerato un’emergenza nazionale il presidente dell’Obesity Action Coalition e fondatore dell’organizzazione Conscien Health (realtà impegnata a fare advocacy sulle opportunità per prevenire e trattare l’obesità) ha parlato di risultati sbalorditivi che aprono nuovi scenari di trattamento della malattia.

Benefici anche nei pazienti con diabete di tipo 2 e steatosi epatica non alcolica

Non è stata questa l’unica ricerca che ha svelato il potenziale terapeutico di retatrutide.

Altri due studi presentati a San Diego hanno evidenziato una serie di benefici nel trattamento del diabete di tipo 2 e della steatosi epatica non alcolica. Effetti considerati secondari alla perdita di peso corporeo, che rappresenta ormai una necessità su scala globale.

Al punto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità sta valutando l’opportunità di inserire i farmaci anti obesità nella lista di quelli essenziali. “I nostri dati presentati dimostrano come le incretine, su cui si stanno registrando i maggiori investimenti da parte delle Aziende farmaceutiche della comunità scientifica, abbiano il potenziale per trasformare il trattamento delle malattie croniche”, è quanto dichiarato da Jeff Emmick, vicepresidente del dipartimento di sviluppo di nuovi farmaci di Eli Lilly.